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Tribunale di Verona, G.U.P. Caccamo, 14 marzo 2007

Interessanti precisazioni su corruzione, comparaggio e sulle condizioni per evitare le sanzioni interdittive.
TRIBUNALE DI VERONA, G.U.P. Caccamo, 27 marzo 2007

FATTO
Veniva contestata ad una società farmaceutica la corresponsione di donativi a medici e farmacisti per la promozione di propri prodotti medicinali.

MODALITA’ D’INDAGINE
1.      Perquisizioni presso la sede della società e presso il domicilio  dei dipendenti
2.      Intercettazioni telefoniche degli informatori scientifici
3.      Sequestro dei computer dei dipendenti
4.      Verifiche sui sistemi informatici della società volti al monitoraggio territoriale dell’attività degli ISF e alla gestione degli ordini delle spese promozionali (in specie sotto forma di finanziamenti della partecipazione a convegni scientifici e compensi per consulenze ai sanitari)
5.      Acquisizione di documenti presso gli enti ospedalieri di appartenenza dei sanitari entrati in contatto con la società

QUALIFICAZIONE DEI FATTI COME FATTISPECIE DI CORRUZIONE PROPRIA
“Gli atti erano finalizzati ad ottenere dal sanitario, rivestente qualifica pubblicistica, la condotta contraria ai doveri d’ufficio, contrarietà che ha riguardo al profilo della correttezza ed al profilo del dovere d’imparzialità, dovere che il sanitario è tenuto ad osservare in quel delicato momento dello svolgimento della propria attività professionale che è quello della prescrizione della cura, compromesso dal rapporto tenuto con la società farmaceutica laddove essa retribuisca gli operatori sanitari per condizionarne a suo favore le scelte nell’ambito considerato…

IL COINVOLGIMENTO DELLA SOCIETA’
E’ stato ravvisato “il collegamento tra i singoli episodi delittuosi e le direttive generali impartite dai responsabili e funzionari dell’ente societario, avuto riguardo alla risoluzione delle attività in contestazione ed alla programmazione dei metodi di fatto attuati, condivisi e adottati da coloro che a quella direzione erano sottoposti, seppur nell’ambito di un organismo societario originariamente ispirato a leciti obiettivi commerciali”. 

CASI DI PROSCIOGLIMENTO  EX ART 129 C.P.P.
1.      Episodi in cui il prezzo del reato è costituito dalla dazione di liberalità (denaro o beni materiali) di cui sono destinatari gli enti pubblici di appartenenza dei sanitari; in tali casi è l’ente ad accettare la donazione con apposita delibera, sì che le somme o i beni sono confluiti nel suo patrimonio; in tali casi difetta il rapporto diretto tra il sanitario e la casa farmaceutica, costituendo un aspetto soltanto formale quello della provenienza della richiesta di liberalità da parte del funzionario accusato di corruzione passiva. Si è trattato di utilità riferite all’attività dell’ente donatario; i beni materiali erano collocati presso la sede dell’ente; in nessun caso è stato accertato che vi fosse un legame tra beneficiario delle borse di studio e sanitario corrotto; analogamente per le sperimentazioni scientifiche.
2.      Episodi in cui l’attività addebitata al sanitario (promozione di un certo farmaco presso la commissione terapeutica ospedaliera) è stata esplicata esclusivamente indicando il principio attivo e non la specialità farmaceutica
3.      Episodi riqualificati come fattispecie di comparaggio, il quale non è reato presupposto della responsabilità dell’ente

SULLA SANZIONE INTERDITTIVA
Il Giudice ha ritenuto soddisfatte le tre condizioni previste dall’art 17 d.lg. 231 per evitare l’applicazione della sanzione interdittiva:
1.      Risarcimento del danno (transazione con il Ministero della Salute)
2.      Messa a disposizione del profitto ai fini della confisca (“calcolato in ragione dell’utilità ricavata dal fatto-reato, in relazione ai dati di vendita per il periodo, i prodotti e gli enti ospedalieri in contestazione, nonché al profitto medio dei ricavi sulla base dei bilanci relativi allo stesso periodo”)
3.      Adozione/attuazione modello (si parla soltanto di “approntamento di specifici protocolli” e di “introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare seriamente il mancato rispetto delle misure” indicate)

SUL PATTEGGIAMENTO RICHIESTO DALLA SOCIETA’
Il risarcimento del danno e l’adozione/attuazione del modello consentono la riduzione della sanzione pecuniaria di due terzi ex art 12 d.lg. 231

ANCORA SULLA VEXATA QUAESTIO ONERE/OBBLIGO
In un passo della motivazione il Giudice testualmente afferma:“Osservato che in ottemperanza alla disposizione di cui all’art 17 lett. b) d.lg. 231/2001 – che impone all’ente di eliminare le carenze organizzative mediante l’adozione ed attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire i reati della specie di quello veriticatosi”, la società in questione ha dimostrato di aver adempiuto in tal senso.
Il riferimento ad un obbligo di adempienza di tal fatta viene pure ribadito nella massima (redazionale) pubblicata in Riv. Pen. 9/2008, 926.
L’art 17 non pone assolutamente un obbligo di eliminare le carenze organizzative mediante l’adozione di un Modello idoneo; ancora una volta – sulla falsariga dell’art 6, ma in relazione in questo caso ad una riduzione del quadro sanzionatorio – si deve parlare di “onere”.
In altri termini: se la società vuole evitare le sanzioni interdittive e ottenere la riduzione della sanzione pecuniaria ex art 12 deve – in limine litis – tenere certi comportamenti.
Lo stesso dicasi per l’art 7 che prescrive certamente che il Modello debba contenere misure volte a “scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio”: ma si è sempre in una fase successiva rispetto a quella – facoltativa – dell’adozione del Modello stesso.

(Maurizio Arena)

Rubrica Coast to coast

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